19 giorni alle elezioni statunitensi

Ho visto il terzo confronto televisivo tra Hillary Clinton e Donald Trump insieme agli studenti della facoltà di Giurisprudenza della Drake University, l'università di Des Moines, in Iowa, dove sto passando questa settimana. Gli studenti erano in maggioranza sostenitori di Hillary Clinton – ed erano stati in maggioranza sostenitori di Bernie Sanders alle primarie – ma c'erano anche un gruppetto di sostenitori di Donald Trump, con le facce piuttosto tristi e sbattute: ma ragazzi normali, non i freak che qualcuno potrebbe immaginare. Ci ho fatto due chiacchiere e li ho intervistati, ma tutte queste cose ve le racconterò meglio nella newsletter di sabato e con la prossima puntata del podcast. Veniamo quindi al contenuto del dibattito.

Trump veniva da due sconfitte nei due precedenti confronti e da uno scivolamento nei sondaggi che lo ha portato ad avere un distacco probabilmente incolmabile: aveva bisogno di fare un dibattito strepitoso e sperare in una pessima serata di Clinton, magari in un suo inciampo eclatante. Clinton veniva dal dilemma che ogni candidato vorrebbe avere a questo punto della campagna elettorale, come vi avevo raccontato su Periscope prima del confronto: cercare di vincere o cercare di stravincere? Non è una domanda oziosa: stravincere è più difficile e rischioso, ma comporta potenzialmente grandi benefici una volta cominciato l'esercizio del mandato. Alla fine del dibattito, comunque, i sondaggi hanno detto che era andata meglio Clinton. Tenete conto che dopo i primi due dibattiti i sondaggi ci hanno preso: hanno indicato che aveva vinto Clinton, e infatti sia sul piano nazionale che sul piano statale le cose si sono mosse nella direzione di Clinton. Insomma, chi diceva e scriveva "il dibattito l'ha vinto Trump" aveva torto: lo dicono i fatti. Siccome i sondaggi fatti dopo i primi due dibattiti ci hanno preso, sarà il caso di prendere sul serio anche questi. 

È stato secondo me il miglior dibattito dei tre di Hillary Clinton, quindi l'esatto contrario di quello di cui aveva bisogno Trump per coltivare qualche speranza in più; Trump non è andato malissimo, soprattutto nella prima mezz'ora, ma poi di nuovo si è perso ed è gradualmente diventato sempre più irascibile e sconnesso.

Il video integrale del dibattito. Qui invece la trascrizione.

Dei tre dibattiti tra Clinton e Trump, quello di stanotte è stato quello più denso e sostanzioso dal punto di vista della politica, soprattutto per merito del moderatore Chris Wallace; la notizia principale però, che apre tutti i siti di news americani, è che Trump non si è impegnato a riconoscere l'esito del voto. Insomma: non solo Trump ha perso il dibattito, ma ha persino determinato l'argomento di cui i giornali discuteranno nei prossimi giorni. E quando di giorni da qui al voto ne restano appena 19 (!), e sei in svantaggio in media di 6,2 punti sul piano nazionale, e sei stato praticamente raggiunto persino in posti come l'Arizona, ogni ora in cui la campagna elettorale non gira attorno a temi che ti favoriscono è un problema enorme. E questo tema – quello delle elezioni truccate – non favorisce Trump: da anni e fino a stanotte sondaggi e focus group confermano che gli americani dopo due anni faticosissimi di campagna elettorale vogliono che il voto concluda il processo, non vogliono strascichi, non vogliono polemiche, non vogliono casini.

Dove ho visto il dibattito mercoledì sera.

Le prime domande si sono concentrate sul ruolo della Corte Suprema: Hillary Clinton ha detto che i Repubblicani dovrebbero al più presto valutare la nomina del giudice Merrick Garland, proposta dal presidente Obama per riempire il seggio oggi vacante, invece che fare ostruzionismo al Senato, e si è impegnata a ribaltare la sentenza cosiddetta "Citizens United", che dal 2011 permette ai comitati politici di raccogliere fondi senza limiti e con nessuna trasparenza; Clinton ha detto di voler nominare giudici che difendano il diritto delle donne di abortire e quello delle coppie gay di sposarsi. Trump ha accusato Clinton di voler mettere in discussione il secondo emendamento della Costituzione – quello che permette ai cittadini americani di possedere armi – e ha detto che intende nominare giudici che revochino il diritto delle donne ad abortire, rinviando la questione alle decisioni dei singoli stati.



La discussione si è spostata poi sull'immigrazione. Trump ha ribadito le sue proposte: rafforzamento militare del confine tra Texas e Messico anche attraverso la costruzione di un muro e deportazione di tutti gli immigrati irregolari. «Ci sono dei bad hombres nel nostro paese e li cacceremo». Clinton ha evocato un'immagine non casuale rispondendo che le deportazioni di massa proposte da Trump consisterebbero nell'«andare scuola per scuola, casa per casa, azienda per azienda, rastrellando chi non ha i documenti e portandoli via contro la loro volontà su treni e bus». Clinton ha poi accusato Trump di incoerenza, visto che ha impiegato immigrati irregolari nelle sue aziende.



Per la prima mezz'ora almeno, Trump ha mantenuto un atteggiamento molto più calmo e controllato rispetto ai primi due dibattiti: ha risposto con un tono normale, da candidato tradizionale e forse persino rassicurante; è sembrato essersi preparato adeguatamente; non ha interrotto Clinton e non è caduto nelle sue frequenti provocazioni personali. Questa fase è culminata con un passaggio efficace sulla necessità di rinegoziare o abolire gli accordi internazionali di libero scambio, la questione forse in assoluto su cui è più forte e popolare e su cui Clinton è invece in difficoltà, visto il suo passato sostegno a questi trattati.



Col passare dei minuti però Trump è diventato sempre meno sobrio e sempre più Trump, diciamo: ed è sembrato deragliare per la prima volta quando si è parlato di Vladimir Putin e dei tentativi della Russia di influenzare il processo elettorale statunitense. Trump ha di nuovo detto che non ci sono prove che sia stata la Russia a ordinare l'attacco informatico contro il Partito Democratico – anche se l'intelligence statunitense dice il contrario e il governo statunitense ha formalmente accusato la Russia: e lui lo sa, perché in quanto candidato riceve i briefing riservati dell'intelligence – e poi ha detto che Putin non rispetta Clinton e invece rispetta lui. Clinton ha risposto con prontezza: «Certo, preferisce avere un burattino alla presidenza degli Stati Uniti». Trump ha replicato subito: «Ma quale burattino. Ma quale burattino. Tu sei il burattino».



Quando si è parlato di economia, il moderatore ha chiesto a Trump come pensa di ottenere i risultati ambiziosi che propone, che anche economisti di area conservatrice considerano irrealizzabili. Trump ha risposto: «L'India cresce dell'otto per cento ogni anno. La Cina del sette per cento e per loro è un numero catastroficamente basso. Noi cresciamo dell'uno per cento e il tasso diminuisce. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro sono così terribili che dovrei vincere le elezioni con gran facilità». In realtà negli ultimi otto anni – Trump li ha chiamati «il regime di Obama» – gli Stati Uniti hanno quasi dimezzato il loro tasso di disoccupazione: e la ripresa economica è stata lenta ma costante.

Hillary Clinton è andata in difficoltà quando si è parlato della fondazione benefica della sua famiglia, che ha organizzato moltissime grandi iniziative filantropiche – un malato di HIV su due al mondo ha ottenuto dei farmaci grazie alla fondazione Clinton – ma molti sospettano sia stata utilizzata da imprenditori e potenze straniere per ottenere influenza verso i Clinton facendo delle donazioni. Clinton ha elogiato e descritto le attività filantropiche della fondazione ma non ha mai affrontato il merito delle accuse. Le cose sono andate meglio quando ha risposto all'accusa di Trump di avere sì più esperienza, ma «pessima esperienza», e di non avere ottenuto niente in trent'anni di impegno politico.
«Negli anni Ottanta io lavoravo per riformare le scuole in Arkansas. Lui si faceva prestare 14 milioni di dollari da suo padre. Negli anni Novanta ho detto a Pechino che «i diritti delle donne sono diritti umani». Lui insultava una donna, Alicia Machado, ex miss Universo, definendola una «macchina per mangiare». E mentre io partecipavo ai briefing sull'operazione per uccidere Osama bin Laden, lui conduceva The Apprentice. Quindi sono felice di confrontare le nostre esperienze»
A questo punto del dibattito Trump aveva perso la concentrazione della prima mezz'ora. Prima ha accusato Clinton e Obama di aver pagato dei provocatori perché creassero problemi ai comizi di Trump. Poi, quando si è riparlato del video del 2005 in cui si vanta di poter molestare tutte le donne che vuole (e racconta di averlo fatto), ha detto che «Nessuno ha più rispetto di me per le donne», una frase che secondo i focus group è sembrata inopportuna anche agli elettori Repubblicani, visto il contenuto del video e visto che nove donne diverse negli ultimi giorni hanno raccontato di essere state molestate da lui; poi ha detto che le accuse sono così inconsistenti che non si è nemmeno scusato con sua moglie (quando sua moglie in realtà dice che lo ha fatto); e Hillary Clinton ha ricordato che Trump ha detto di non aver molestato quelle donne perché le considerava brutte, e che nel corso di questa campagna elettorale ha insultato anche un giornalista disabile, i messicani e i genitori musulmani di un soldato morto.



Trump ha detto di non aver mai preso in giro il giornalista disabile, ma si tratta di una delle immagini più famose di questa campagna elettorale: durante l'estate il comitato Clinton ha speso milioni di dollari per trasmettere in tutto il paese uno spot elettorale che contiene quella scena.



Si è arrivati allora al momento centrale della serata, paradossalmente arrivato con una domanda che in qualsiasi altra campagna elettorale non sarebbe nemmeno stata posta, per quanto la risposta sarebbe stata ovvia. Quando il moderatore Chris Wallace ha chiesto ai candidati se intendono riconoscere l'esito e la legittimità delle elezioni anche se dovessero perdere, Trump ha detto: «Ve lo dirò dopo il voto. Creo un po' di suspense, ok?».



Trump ripete da giorni che queste elezioni sono truccate, senza nessuna prova – un simile complotto dovrebbe coinvolgere tra le altre cose decine di funzionari e governatori Repubblicani, visto che le elezioni sono organizzate dai singoli stati – ma dirlo al dibattito fa tutto un altro effetto, e non solo perché gli elettori tutti, non solo i Democratici, pensano che una pacifica transizione dei poteri sia un punto fermo di ogni democrazia: ma anche perché ha dato a Hillary Clinton la possibilità di segnare una specie di rigore a porta vuota.
«Ogni volta che Donald pensa che le cose non stiano andando come piace a lui, dice che c'è un trucco. L'FBI indaga sulle mie email e dice che non c'è niente di illegale: l'FBI imbroglia. Ha perso i caucus in Iowa e le primarie in Wisconsin: le primarie erano truccate. I pm aprono un'inchiesta per truffa sulla Trump University: il giudice ce l'ha con lui. Una volta col suo reality show non ha vinto un Emmy per tre stagioni consecutive: Trump ha scritto su Twitter che anche gli Emmy erano truccati.»

Non ci sono stati fuochi d'artificio nella parte finale del dibattito – a parte Trump che a un certo punto ha interrotto Clinton per chiamarla «nasty woman», una cosa tipo «donnaccia» – e poco dopo le 21.30 ora locale il moderatore Chris Wallace ha salutato il pubblico esprimendo forse persino un certo sollievo. È stato il venticinquesimo e ultimo confronto di una campagna elettorale lunghissima, iniziata ufficialmente con le candidature durante la primavera del 2015, passata attraverso un lungo ciclo di primarie e poi le convention estive, e arrivata adesso al rettilineo finale. Ieri mancavano 20 giorni, oggi sono 19, poi ci siamo.
«Si concludono così i dibattiti televisivi di quest'anno. Ora tocca a voi decidere. Milioni di persone hanno già votato ma il giorno delle elezioni, l'8 novembre, è lontano soltanto venti giorni. C'è una cosa su cui siamo d'accordo tutti: speriamo che andiate a votare. È uno dei grandi onori e oneri che comporta vivere in questo grande paese. Grazie e buonanotte»
Noi ci vediamo, se volete, il 27 ottobre a Milano, il 28 ottobre a Cuneo (seguiranno dettagli), il 2 novembre a Torino e il 3 novembre di nuovo a Milano. E ci sentiamo sabato, col racconto di quello che sto vedendo in questi giorni in Iowa. Ciao!
 
Questa newsletter vi arriva grazie al contributo di Otto e della Fondazione De Gasperi.

Hai una domanda?
Scrivimi a costa@ilpost.it oppure rispondi a questa email, che poi è la stessa cosa.

Spread the word
Se quello che hai letto ti è piaciuto, consiglia a un amico di iscriversi alla newsletter oppure inoltragliela.
Ricevi questa email perché sei iscritto alla newsletter di Francesco Costa sulla politica statunitense. Se vuoi cancellarti clicca qui. Ma devi proprio?






This email was sent to <<Metti qui la tua email>>
why did I get this?    unsubscribe from this list    update subscription preferences
Francesco Costa · Portello · Milano, Italia 20149 · Italy