3 giorni alle elezioni statunitensi

«Come sempre, era alcunché d'invisibile.

Gli elettori avevano cominciato a votare, nei villaggi del New Hampshire, a mezzanotte, come sempre del resto: sette ore e mezza prima del risveglio del candidato. I cui uomini, giorni prima, si erano lavorati Hart's Location nel New Hampshire, facendo pervenire a ognuno dei dodici iscritti ai registri elettorali del villaggio la sua fotografia con tanto d'autografo. Sapevano di poter contare su cinque voti sicuri, che Nixon aveva per sé altri cinque voti, mentre i due rimanenti erano ancora incerti. Tuttavia, il gioco valeva la candela: i risultati elettorali di Hart's Location sarebbero stati la prima notizia lanciata sui fili del telegrafo che avrebbe salutato milioni di elettori dalle pagine dei giornali aperti davanti alla tazza di caffè mattutino. Ma per il momento il risultato era imprevedibile: invisibile.

All'ora in cui il candidato lasciò il suo albergo di Boston (8:30), parecchi milioni di elettori avevano già votato da un capo all'altro del paese: in edifici scolastici, biblioteche, chiese magazzini, uffici postali. Anche quei voti erano invisibili. [...] Tutto questo è invisibile perché è essenziale all'atto che, mentre vien compiuto, esso sia un mistero in cui milioni d'individui fanno combaciare assieme i singoli frammenti di un vasto segreto, ciascuno di essi ignorando l'aspetto del tutto.

Quel che risulta dalla combinazione di questi segreti costituisce il più importante passaggio di poteri del mondo intero – la potestà di disporre e mobilitare, quella di esigere imposte e distruggere, la potestà di creare e la responsabilità di farlo, quella di guidare e la responsabilità di sanare: tutte concentrate nelle mani di un unico uomo. Eroi, filosofi, uomini di valore e nullità, fin dai tempi di Roma e di Atene hanno tentato di rendere efficace e funzionante questo particolare sistema di trasferimento di poteri; nessun altro popolo vi è riuscito meglio, ovvero per un periodo più lungo di tempo, degli americani. Ma, finché il trasferimento di poteri è in atto, nulla è dato vederne, eccezion fatta ora per un affisso all'esterno di una chiesa o scuola, ora per una coda di persone in impaziente attesa sotto la pioggia di entrare nella cabina elettorale. Non vi sono fanfare che suonano nelle giornate elettorali, non truppe in marcia, non si apprestano armi, non vi sono cospiratori che si raccolgono in segreto. Il frastuono e gli schiamazzi, le fanfare e le ovazioni, le sfilate e i comizi della lunga campagna elettorale, tutto questo nella giornata in cui si vota sparisce. I programmi sono stati stati attuati, gli sforzi esauriti, ai candidati non resta che attendere».
(Theodore H. White, Come si fa il presidente, 1961)

Dopo due anni di campagna elettorale, miliardi di parole pronunciate e scritte, migliaia di comizi, centinaia di milioni di dollari raccolti e spesi, ci siamo: fra tre giorni sapremo chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Noi che condividiamo questo appuntamento settimanale, nel nostro piccolissimo, siamo passati anche da 95 newsletter e da 15 puntate del podcast (e prestissimo uscirà la sedicesima), mentre io sono passato proprio ieri, a Londra, dal quarantacinquesimo incontro pubblico per parlare di queste elezioni americane.

Conoscere di persona una parte di voi è stata una delle cose più belle di questi mesi. Se non sono passato dalle vostre parti, o se sono passato ma non siete riusciti a venire, potete rimediare col video qui sotto: sono le cose che ho raccontato la settimana scorsa alla Scuola Holden, a Torino. La prima parte è un punto della situazione sulla campagna elettorale americana (poche ore prima che arrivasse la notizia-bomba sulle email di Clinton, però, tenetelo a mente) mentre la parte finale, che inizia a 1:00:05, è un racconto personale di come sono finito ad appassionarmi di politica statunitense e quindi anche a cominciare a scrivere questa newsletter settimanale, nell'ormai lontano giugno del 2015.



Parleremo di cinque cose in questa newsletter. Primo: come funziona l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Se lo sapete già, passate avanti. Secondo: cosa dicono a oggi i sondaggi e i dati sul voto in anticipo. Terzo: sulla base delle informazioni di cui sopra, cosa tenere d’occhio nella notte tra martedì e mercoledì, punto per punto. Quarto: che cosa è successo questa settimana nella campagna elettorale americana. Quinto: un po’ di segnalazioni di posti in cui passare la notte e seguire in compagnia lo scrutinio l’8 novembre.

Come si elegge il presidente degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti non eleggono direttamente il presidente. Attraverso un sistema chiamato electoral college (collegio elettorale), infatti, ogni stato elegge con sistema prevalentemente maggioritario – chi ha un voto in più li prende tutti – un gruppo di cosiddetti “grandi elettori”, distribuiti in modo proporzionale alla sua popolazione. In ogni stato, insomma, il candidato che ottiene un voto in più si prende tot grandi elettori e chi perde ne prende zero: e quel tot è variabile di stato in stato (ci sono due eccezioni, Maine e Nebraska, dove il maggioritario è applicato su grandi circoscrizioni interne). I grandi elettori sono in tutto 538 distribuiti sui 50 stati: questo vuol dire che ne servono almeno 270 per arrivare alla Casa Bianca. Il collegio elettorale si riunisce a dicembre e vota per il presidente sulla base del risultato del voto dei singoli stati. I grandi elettori non sono legalmente vincolati a votare come da esito del voto e hanno solo un obbligo politico, che però è stato violato rarissimamente nella storia degli Stati Uniti e mai in modo determinante.

I numerini sono i grandi elettori assegnati da ogni stato.

Cosa dicono i sondaggi e i dati sul voto in anticipo
Ci sono alcuni segmenti demografici che preferiscono di gran lunga un candidato sull’altro: negli stati in cui sono più presenti, possono avere un ruolo importante. Per esempio Trump ha un grande vantaggio tra i maschi bianchi non laureati, e ce ne sono molti in Nevada, in New Hampshire, in Wisconsin, in Michigan, in Ohio e in Iowa. Clinton invece piace molto alle donne bianche laureate: un segmento tra cui nel 2012 Romney vinse di 6 punti percentuali e che invece quest’anno, secondo i sondaggi, preferisce Clinton di 27 punti. Le donne bianche laureate potrebbero avere un ruolo importante in Colorado, per esempio, ma anche in Virginia.

Poi ci sono le minoranze etniche, e se seguite questa newsletter da un po’ o mi avete sentito parlare di elezioni americane in questi mesi, sapete quanto pesano. Gli afroamericani vivono soprattutto nel sud-est degli Stati Uniti, i latinoamericani soprattutto nel sud-ovest: entrambe queste comunità preferiscono di gran lunga Clinton a Trump ma entrambe sono composte da persone che non hanno l’abitudine di andare a votare, e quindi serve una campagna elettorale molto ben organizzata per portarli ai seggi in numero tale da renderli potenzialmente decisivi. I dati del voto in anticipo dicono che tantissimi latinoamericani sono già andati a votare in Nevada, Colorado, Arizona e Florida: in certi casi più di quanti andarono a votare in totale nel 2012. Trump cercherà di compensare portando a votare più bianchi possibili l'8 novembre.

Infine ci sono i cosiddetti "indecisi", il maggior fattore di incertezza di questa campagna elettorale: sono molti di più che in passato, a causa dell’impopolarità di Clinton e Trump. A questi si aggiungono gli elettori che nelle ultime settimane hanno abbandonato i candidati minori, Gary Johnson e Jill Stein. Gli indecisi e gli elettori dei candidati minori fin qui stanno preferendo Trump, tanto che Clinton ha visto ridursi il suo vantaggio senza però perdere punti.

Quella che segue è la mappa di RealClearPolitics, a oggi. Ce ne sono altre leggermente diverse, ma questa mi sembra la più prudente. Gli stati in rosso sono quelli in cui è in vantaggio Trump, in blu ci sono quelli in cui è in vantaggio Clinton. L'intensità dei colori indica l'ampiezza del vantaggio. In grigio ci sono gli stati in bilico. Servono 270 grandi elettori per vincere.


La rimonta di Trump negli ultimi giorni ha spinto analisti e sondaggisti ad avere più cautela e considerare in bilico anche stati in cui fino a pochissimo tempo fa Clinton aveva un grande vantaggio, come Michigan, Pennsylvania, New Mexico e Colorado. Dall'altra parte, però, sono considerati in bilico anche Arizona, Georgia e Iowa, dove Trump è avanti praticamente dall'inizio della campagna elettorale. Le tendenze più importanti nei sondaggi degli ultimi giorni: Trump ha recuperato in Ohio, in Arizona e in New Hampshire, e ha incrinato il vantaggio che fin qui Clinton aveva avuto in posti come Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, che sono un po' la sua diga. Anche sul piano nazionale Clinton rimane in lieve vantaggio: è un vantaggio che si è assottigliato nelle ultime due settimane ma da un paio di giorni la rimonta di Trump sembra essersi fermata

I sondaggi naturalmente possono sbagliare, ma da ormai diverso tempo alle elezioni presidenziali statunitensi si sono dimostrati molto accurati. L'ipotesi che ci siano elettori di Trump "nascosti", che non lo dichiarano, viene tenuta presente dai sondaggisti, che possono aggiustare calcoli e modelli di conseguenza: e le indagini precise sull'esistenza di questi elettori timidi, diciamo, suggeriscono che siano pochi. In ogni caso, ora non serve più un grosso errore nei sondaggi per ribaltare le cose a favore di Trump: ne basta uno piccolo.

«Everybody sit down and be quiet for a second». Obama si dimostra un gigante quando arriva un sostenitore di Trump a un comizio per Clinton.

Guida alla notte elettorale
Alla luce di tutto questo, cerchiamo di capire cosa ci aspetta l'8 e il 9 novembre. Tenete conto che le schede del voto in anticipo nella maggior parte dei casi sono scrutinate insieme alle altre. Gli orari sono italiani. Se vorrete seguire i risultati con me, leggete il liveblog che troverete sul Post e seguitemi su Facebook e Twitter.

dalle 13 di martedì
In buona parte degli Stati Uniti orientali apriranno i seggi (in alcuni posti invece si voterà fin da mezzanotte, cioè le nostre sei del mattino). Fino a tarda sera il tema di cui si parlerà di più sarà l’affluenza. In un paese grande e diverso come gli Stati Uniti, però, in cui le elezioni si giocano stato per stato, non c’è un modo univoco per capire chi è favorito dall’affluenza alta o bassa: bisogna valutare caso per caso. Dovessimo vedere grande affluenza e code ai seggi nelle grandi città degli stati in bilico (per esempio Miami, Philadelphia, Cleveland o Las Vegas), sarebbe un buon segno per Clinton; dovessimo vedere la stessa cosa nei posti più rurali e più popolati dalla classe operaia bianca, soprattutto negli stati del Midwest, sarebbe un buon segno per Trump. In entrambi i casi, però, sarebbe presto per trarre qualsiasi conclusione: tenete conto infatti che milioni di americani hanno già votato.

ore 21 di martedì
I seggi saranno ancora aperti dappertutto, ma inizieranno a uscire i primi exit poll tematici e demografici: tra chi sta andando a votare, quanti latinoamericani ci sono? Quante donne? Quante persone dicono che il paese deve cambiare corso e quanti dicono di essere soddisfatti di come vanno le cose? Quali temi sono la priorità della maggior parte degli elettori? La lotta al terrorismo o alle diseguaglianze? Qualcosina potremmo cominciare a capire, con grandissima cautela: ma sarà soprattutto un modo per ammazzare il tempo. Non fatevi ingannare da chi trarrà qualsiasi tipo di conclusione.

tra mezzanotte e l'una di mercoledì
Chiuderanno i seggi prima in Indiana e in Kentucky, poi anche in Georgia, South Carolina, Vermont e Virginia. Bisognerà tenere d'occhio soprattutto i dati di Virginia e Georgia. Clinton è stata in vantaggio nei sondaggi praticamente sempre in Virginia: se dovesse andar male, sarà una prima grossa indicazione del fatto che potrebbe essere una gran serata per Trump. La Georgia, invece, è uno stato tradizionalmente Repubblicano dove quest'anno Trump ha incontrato parecchie difficoltà. Se Trump dovesse andare molto bene, vorrebbe dire che forse non ci saranno grandi emorragie nell'elettorato Repubblicano. Se Trump dovesse vincere di poco, oppure addirittura perdere, sarebbe un'ottima notizia per Clinton. Occhio anche all'affluenza delle minoranze etniche e delle persone istruite soprattutto nella zona di Atlanta: più alta sarà e più Clinton sorriderà, e viceversa.

1.30 di mercoledì
Chiudono i seggi in due stati importantissimi: North Carolina e Ohio. Oggi ci si aspetta che Trump vinca di poco in Ohio e che il North Carolina resti incerto a lungo. Se così non dovesse essere, se Clinton o Trump dovessero avere da subito un grande vantaggio, saremmo davanti al primo vero punto di svolta della nottata. Mi raccomando: prendete con le molle gli exit poll, abbiate la pazienza di aspettare i dati reali. 

2 di mercoledì
Chiudono i seggi in molti stati, i più importanti sono Florida, New Hampshire e Pennsylvania. Se Clinton vincesse in Florida, salvo sorprese clamorosissime avrebbe vinto le elezioni. Se dovesse perdere in Florida, dovrebbe sperare allora di aver tenuto nel Midwest: e quindi anche in New Hampshire e Pennsylvania. Se Clinton dovesse andar bene in tutti e tre, sarebbe fatta; dovesse andar male in tutti e tre, Trump comincerebbe a sperare davvero. Tenete d'occhio l'affluenza soprattutto a Philadelphia, Miami e dintorni: se sarà alta vorrà dire che i Democratici avranno votato in massa, e per Trump sarebbe più difficile rimontare con gli elettori dei posti più rurali e meno multietnici.

3 di mercoledì
Chiudono i seggi in altri stati del Midwest, come Michigan, Minnesota e Wisconsin, e poi anche in Colorado e New Mexico. Nel frattempo dovremmo cominciare ad avere dati più solidi da Ohio e North Carolina. Se Trump dovesse vincere in Michigan e Wisconsin, vorrebbe dire che la diga di Clinton è crollata: avrebbe messo almeno un piede dentro la Casa Bianca. Alle 3 chiudono i seggi anche in Arizona e Texas: qualsiasi risultato diverso da una vittoria di Trump metterebbe invece Clinton con entrambi i piedi dentro la Casa Bianca.

4 di mercoledì
Chiudono i seggi nello Utah! L'ascesa del candidato di protesta Evan McMullin si è fermata ma una sua vittoria, per quanto improbabile, non si può ancora escludere. Sarà importante soprattutto per capire se mi toccherà andare nello Utah, come io e un mio amico ci siamo ripromessi dovesse vincere McMullin. Altra cosa importante da tenere d'occhio: l'Iowa. Ci si aspetta una vittoria di Trump, che è stato sempre in vantaggio nei sondaggi.

Tra le quattro e le cinque avremmo anche dati più solidi dal Midwest e dalla Florida: salvo situazioni molto equilibrate, è il momento in cui conosceremo probabilmente il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti.

5 di mercoledì
Chiudono i seggi in tutti gli stati rimanenti – tra cui la California, il più popoloso d'America – eccetto l'Alaska. Se ci sarà a quel punto un vincitore evidente, le televisioni lo annunceranno come tale. Il candidato sconfitto dovrebbe telefonare al vincitore per fargli le congratulazioni, inizieremmo ad aspettare i loro discorsi e nel frattempo avremmo capito anche come sono andate a finire le cose al Congresso.

Potrebbe volerci più tempo?
Sì. Nel 2000 il risultato in Florida fu così equilibrato che la conta dei voti andò avanti per 36 ore, ci furono vari ricorsi e la decisione su cosa fare arrivò alla Corte Suprema. Nel 2012 passarono quattro giorni prima che la Florida fosse assegnata ufficialmente a Barack Obama (ma fu ininfluente, perché aveva già raggiunto con gli altri stati i 270 grandi elettori). 

In ogni caso, la notte tra martedì e mercoledì tenete a portata di mano questa mappa.



Cosa è successo questa settimana

– Non ci sono novità sul caso email, nel senso che continuiamo a non avere idea di cosa ci sia o non ci sia nelle email potenzialmente pertinenti all'inchiesta Clinton su cui l'FBI ha deciso di fare un supplemento d'indagine. Sono emersi però diverse testimonianze e racconti su una lotta interna all'FBI, tra una parte di funzionari molto anti-Clinton che hanno cercato di indagarla prendendo sul serio le teorie di certi opinionisti ultraconservatori o che hanno diffuso su Twitter con strano tempismo – ora oggetto di un'indagine interna – gli atti di una vecchia inchiesta archiviata su Bill Clinton. Questo spiegherebbe l'eccesso di trasparenza di Comey, che potrebbe aver reso pubbliche informazioni così incomplete e parziali sulle email per evitare che qualcuno dei suoi agenti potesse fregarlo facendo trapelare la notizia sui giornali. Comey comunque questa settimana è stato criticato da ogni parte, compresi Barack Obama, l'ex procuratore generale Democratico Eric Holder, l'ex procuratore generale Repubblicano Michael Mukasey e Chuck Grassley, senatore Repubblicano a capo della commissione Giustizia.

– Il caos generato dall'FBI ha continuato a permettere a tutti di sostenere qualsiasi teoria: Fox News per un paio di giorni ha raccontato che Clinton fosse sul punto di essere messa sotto indagine per qualcosa di molto grave, salvo poi rimangiarsi tutto e scusarsi.

– Sembra che un tabloid statunitense, il National Enquirer, abbia coperto a suon di quattrini la storia di un tradimento di Donald Trump.

– E sembra che Melania Trump abbia lavorato illegalmente negli Stati Uniti prima di ottenere la cittadinanza.

– Il Partito Comunista statunitense ha pubblicato una specie di endorsement per Hillary Clinton.

– Decine di siti macedoni fanno un bel po' di soldi pubblicando notizie false pro-Trump.

Non è tanto che ci vuole una donna alla Casa Bianca, spiega Louis CK: ci vuole una mamma alla Casa Bianca.

Volete passare la notte elettorale in compagnia?
A Milano potete andare in Bocconi, anche se non siete studenti, oppure in via Tortona con il Partito Democratico. A Roma, se siete studenti LUISS, potete andare nella sede di Viale Romania dove si seguiranno i risultati in collaborazione con Radio Radicale. A Torino potete andare alla Scuola Holden, dove troverete anche Lorenzo Pregliasco di YouTrend: basta mandare un messaggio su Facebook per dire che ci sarete. Oppure al Polo del '900. A Bologna potete seguire i risultati con la Rete degli Universitari in via Belmeloro 1/E, oppure al CISPEA dalle 21.30. A Padova potete andare al Circolo Reset. A Treviso nella sede dei Giovani Democratici, in via Castagnole 20. A Faenza potete andare al circolo ARCI Prometeo dalle 21. A Bruxelles potete andare nella sede del Partito Democratico. Se volete segnalare altre iniziative, oppure verificare se ce ne sono in altre città, potete usare questo post della mia pagina Facebook come punto di riferimento.

Per chi non ne ha abbastanza
Questa settimana "La Casa Bianca" non andrà in onda domenica ma lunedì 7 novembre, sempre su Raitre alle 22.50. Di seguito trovate la quinta puntata, andata in onda domenica scorsa.



Ciao, quindi. Da qui a martedì proverò a fare una o due volte un punto della situazione su Periscope, ma la prossima volta che ci sentiremo con la newsletter non sarà più per parlare delle prossime elezioni americane, ma di quelle passate. Ci vediamo dall’altra parte.

Questa newsletter vi arriva grazie al contributo di Otto e della Fondazione De Gasperi.

Cose da leggere
Final Days, di Gabriel Sherman sul New York Magazine
What’s going to happen to the Republican Party after Nov. 8?, di Adam Freelander su Quartz
How a lifetime of compromises and concessions brought one woman to the brink of history, di Michael Kruse su Politico
The real Clinton email scandal is that a bullshit story has dominated the campaign, di Matthew Yglesias su Vox

Hai una domanda?
Scrivimi a costa@ilpost.it oppure rispondi a questa email, che poi è la stessa cosa.

Spread the word
Se quello che hai letto ti è piaciuto, consiglia a un amico di iscriversi alla newsletter oppure inoltragliela.
Ricevi questa email perché sei iscritto alla newsletter di Francesco Costa sulla politica statunitense. Se vuoi cancellarti clicca qui. Ma devi proprio?






This email was sent to <<Metti qui la tua email>>
why did I get this?    unsubscribe from this list    update subscription preferences
Francesco Costa · Portello · Milano, Italia 20149 · Italy