–202 giorni alle elezioni statunitensi
–6 giorni alle primarie in Montana, New Jersey e New Mexico
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Una delle cose di cui discutono più spesso gli esperti e analisti della politica americana, da quelle parti, è: conta più il cosiddetto "momentum" o conta più la demografia? Cioè, nella sorte di un candidato a un'elezione primaria conta più la sua traiettoria – se viene da una serie di vittorie, dovrebbe ottenere ulteriore entusiasmo, fiducia, spinta, attenzione positiva dai media e finanziamenti da continuare a vincere: quella cosa che nel gergo si chiama "momentum" – oppure conta più la demografia, cioè come negli stati precedenti il consenso si è distribuito tenendo conto dell'età degli elettori, del loro genere, della loro etnia? Mi è capitato di parlarne via email e di persona anche con alcuni iscritti alla newsletter. Le primarie di stanotte a New York hanno confermato la risposta considerata più credibile: conta più la demografia.
Nonostante venisse da un periodo difficile e da una serie di sconfitte in stati più piccoli, tra i Democratici ha vinto Hillary Clinton: ha ottenuto il 57,7 per cento dei voti e 169 delegati, contro il 42,3 per cento dei voti e i 104 delegati di Bernie Sanders. È una vittoria che pesa moltissimo, e non solo perché le permette di allungare ancora il suo già largo vantaggio: i sondaggi dei giorni precedenti al voto davano Sanders in svantaggio ma non così tanto, al massimo una decina di punti percentuali, alcuni anche meno; gli exit poll lo davano appena quattro punti indietro; lo stesso Sanders durante i suoi comizi aveva messo l’asticella in alto, dicendo «vinceremo a New York». Lo staff di Sanders voleva rovesciare il tavolo e ci ha provato sul serio, ha speso più soldi di Clinton in spot televisivi, ha organizzato partecipatissime manifestazioni di piazza.
Sanders ha vinto nella maggioranza delle contee dello stato ma ha perso in tutte quelle più popolose, importanti e variegate dal punto di vista etnico, dentro e attorno alle grandi città; Clinton ha ottenuto in tutto quasi 300.000 voti in più e ha vinto tra le altre cose in tutti e cinque i boroughs di New York, andando bene soprattutto nel Bronx – dove ha avuto il 70 per cento dei voti – e confermando così la grande presa che ha la sua candidatura sugli elettori afroamericani. La demografia ha battuto il "momentum": Clinton è molto imperfetta ma continua a vincere in tutti i posti in cui deve vincere, Sanders continua a non superare i limiti strutturali mostrati fin qui dalla sua campagna.

Tra i Repubblicani è successo qualcosa di simile, per quanto meno sorprendente: il candidato in vantaggio era in difficoltà, dopo settimane di sconfitte in contesti minori, sondaggi deprimenti e brutte giornate sui media, ma la demografia ha battuto il "momentum". Donald Trump ha ottenuto il 60 per cento dei voti e 89 delegati: quasi tutti quelli in palio, grazie al sistema prevalentemente maggioritario previsto dai Repubblicani. È arrivato secondo John Kasich, con il 25,2 per cento dei voti e 3 delegati; è arrivato terzo Ted Cruz, il principale sfidante di Trump, con il 14,8 per cento e nessun delegato. Chi nella newsletter di sabato aveva cliccato sull'articolo su Trump e il traghetto di Staten Island non sarà sorpreso di sapere che da quelle parti Trump ha ottenuto l’82 per cento dei voti.
Il terzo posto di Cruz dev'essere per lui particolarmente deprimente, e non solo perché cancella tutto quello che aveva recuperato su Trump nelle scorse settimane. Certo, non è facile vincere in un posto se, come Cruz, sei solito definire quel posto come portatore di valori scadenti: probabilmente nemmeno Cruz credeva che queste primarie sarebbero arrivate a giochi ancora aperti. Ma nonostante l'establishment sia collassato malvolentieri sulla sua candidatura, in un posto dov'è influente come è New York la cosa non ha fatto alcuna differenza. O meglio: l'ha fatta ma non per lui. Guardate la mappa qui sotto: Trump ha vinto in tutte le contee dello stato di New York tranne una. La vedete? Lì in basso. Paradossalmente è proprio Manhattan, dove vivono soprattutto finanziatori e alti funzionari del partito. E per chi hanno votato? Per John Kasich.

Sia Cruz che soprattutto Sanders a New York avevano l'opportunità per danneggiare i candidati che stanno inseguendo, Clinton e Trump: ed era il posto in cui potevano fargli davvero male, vista la sua importanza politica e visto che per entrambi era lo stato di casa. Ci hanno provato, soprattutto Sanders; ci sono andati vicini, soprattutto Sanders; alla fine però non sono riusciti a superare i loro limiti e hanno perso, e sarà una sconfitta che avrà delle conseguenze. Diceva uno che ne sapeva: «You come at the king, you best not miss».
Ci sarebbero molte altre cose da dire sui risultati delle primarie: li digeriamo per qualche giorno e ne riparliamo sabato. Oppure, meglio ancora, ne parliamo di persona il 26 aprile alle 21 a Torino; il 28 aprile alle 17.30 a Verona; il 30 aprile alle 18 a Mantova; il 7 maggio alle 12 a Salerno. Così facciamo anche il punto sugli stati in cui si deve ancora votare – siamo alla fine! – e i delegati ancora da assegnare. Ciao!
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