164 giorni alle elezioni statunitensi
10 giorni alle primarie in California

Insomma sembra che la puntata zero del podcast vi sia piaciuta: è persino finita al primo posto nella classifica di iTunes! Grazie, come sempre. Qualcuno mi ha chiesto come fare ad ascoltarla senza iTunes: qui. Spero di riuscire a fare una seconda puntata la settimana prossima. Se invece volete fare quattro chiacchiere di persona, lunedì sera sarò a Reggio Emilia con Lorenzo Pregliasco e Giovanni Diamanti di YouTrend.

Le cose più importanti successe questa settimana nella campagna elettorale sono quattro, secondo me.

1. Trump ha sorpassato Clinton?!
Un sondaggio del Washington Post e di ABC News dice che su base nazionale Donald Trump ha superato Hillary Clinton di due punti percentuali, per la prima volta dall'inizio della campagna elettorale. Dan-dan-dan-daaan. Ora, se siete iscritti alla newsletter da un po', vi ho già sfinito con le spiegazioni del perché in un'elezione che si decide a) stato per stato b) a novembre, i sondaggi nazionali fatti a maggio valgono poco. Ma c'è un dato ulteriore da tenere presente per contestualizzare questo sondaggio, e gli altri che arriveranno nelle prossime settimane.

Facciamo un passetto indietro. Questo fu l'andamento dei sondaggi nazionali durante la campagna elettorale del 2008, Barack Obama contro John McCain.



Barack Obama in quella campagna elettorale restò sempre sopra John McCain salvo che in due momenti. Il primo fu quello immediatamente successivo alla convention dei Repubblicani, e questa cosa capita sempre: gli americani lo chiamano "bounce", rimbalzo. Tutti i candidati dopo la convention ottengono un rimbalzino nei sondaggi. Di solito rientra dopo qualche settimana. L'altro momento in cui McCain superò Obama: quando vinse le primarie del Partito Repubblicano, mentre Obama era ancora impegnato nelle primarie contro Hillary Clinton.

Torniamo ai giorni nostri. Dal momento in cui tutti gli avversari di Trump si sono ritirati, è successa un'altra cosa che capita sempre quando finiscono le primarie: il candidato vincitore consolida attorno a sé i voti e i consensi degli elettori del partito. Gli elettori che fin qui avevano sostenuto Ted Cruz, per fare l'esempio più semplice, hanno cominciato a rispondere ai sondaggi dicendo che a novembre voteranno Donald Trump. Dall'altra parte, invece, questo processo di consolidamento e riconciliazione è ancora in alto mare: non perché il risultato delle primarie sia in dubbio – come sapete servirebbero una sfilza di risultati epocali e clamorosi perché Clinton venga rimontata – ma perché Sanders nelle ultime settimane invece che ammorbidire i toni li ha esasperati. Ne abbiamo parlato nella scorsa newsletter. A Clinton in questo momento nei sondaggi stanno mancando quei consensi lì. Una parte di quei consensi arriverà certamente quando le primarie saranno ufficialmente finite. Un'altra parte arriverà senza entusiasmo ma perché spaventata da Trump (non si vota solo per qualcuno; spesso si vota contro qualcuno). Un'altra parte arriverà trascinata da Obama, che a quel punto comincerà a fare campagna elettorale per Clinton; un'altra parte la porterà con sé proprio Sanders, che con ogni probabilità farà lo stesso.

Questo non vuol dire, naturalmente, che Clinton è sicura che tutti gli elettori di Sanders la sosterranno: anzi. Specialmente finché certi suoi problemi rimangono irrisolti e finché Sanders continuerà ad attaccarla così duramente. Ma aspettiamo le convention per prendere i sondaggi davvero sul serio.

Le assurde regole delle primarie americane spiegate da John Oliver.

2. Come definire Donald Trump
Nella primavera del 2012 gli strateghi della campagna elettorale di Barack Obama presero una decisione fondamentale: come vogliamo definire Mitt Romney? Se la cosa più importante che un candidato debba fare è costruirsi un'immagine coerente con la propria storia e le proprie proposte, la seconda cosa più importante è sicuramente costruire un'immagine del proprio avversario: appiccicargli un'etichetta il più efficace possibile, una sola, e battere sempre su quel tasto con insistenza e disciplina per allontanare gli elettori da lui. Con Romney si potevano prendere due strade: etichettarlo come una banderuola, un flip-flopper, per via di tutte le volte che aveva cambiato idea su un milione di questioni; oppure etichettarlo come un imprenditore senza scrupoli, un ricco milionario lontano dagli americani normali e determinato a fare solo gli interessi dei ricchi. Decisero per la seconda strada e fu una scelta vincente.

Hillary Clinton non ha ancora davvero deciso come etichettare Donald Trump, come ha raccontato Politico questa settimana, e per un problema di abbondanza: Trump il razzista? Trump il maschilista? Trump il pericoloso? Trump l'irresponsabile? Trump l'incompetente? Trump il truffatore? Sono tutte potenzialmente efficaci, ma non si può sparare in tutte le direzioni. Serve un messaggio chiaro da portare avanti con disciplina. Uno spot circolato negli ultimi giorni lascia pensare che Clinton voglia ripetere quanto fatto da Obama con Romney nel 2012, e quindi dipingere Trump innanzitutto come un milionario spietato che ha davvero a cuore solo i propri soldi.



3. Purtroppo non vedremo un dibattito televisivo Trump-Sanders
Allora. Durante un'intervista leggera in tv, incalzato dal conduttore, Donald Trump a un certo punto ha detto che sarebbe disponibile a fare un dibattito televisivo con Sanders, “se mi paga molti soldi, per darli in beneficenza”. Non era chiaro se scherzasse. Poi ha detto che sicuramente i network televisivi farebbero la fila per organizzarlo e pagherebbero milioni di dollari pur di ospitarlo su un proprio canale (cosa assolutamente vera). Sanders ovviamente ha accettato subito la proposta, aggiungendo: facciamolo prima delle primarie del 7 giugno in California (anche perché dopo il 7 giugno Sanders con ogni probabilità non sarà più un candidato).

Sarebbe stato un dibattito meraviglioso nonché un evento globale, ma non accadrà. I due staff non si sono mai parlati per prendere accordi e venerdì pomeriggio Trump ha detto che stava scherzando: «Visto che le primarie dei Democratici sono truccate e Hillary la corrotta non permetterà la vittoria di Sanders, sarebbe inappropriato per me che ho vinto le primarie dei Repubblicani dibattere con il secondo classificato. Per quanto voglia fare questo confronto – sarebbe una vittoria semplicissima – aspetterò e dibatterò in tv con il vincitore delle primarie dei Democratici». D'altra parte Trump non aveva molto da guadagnare da un dibattito del genere, salvo forse corteggiare gli elettori di Sanders: se gli fosse andata male, male; se gli fosse andata bene invece avrebbe fatto un favore a Hillary Clinton, risolvendole un problema. Peccato.

Esempio concreto del dominio che Trump esercita sui media: le tv mandano in onda per minuti il suo palco vuoto, in attesa che parli, per non perdersene nemmeno un secondo.

4. Ci sono novità sulla storia delle email di Hillary Clinton
Riassunto essenzialissimo delle puntate precedenti: durante il suo mandato da segretario di Stato, Hillary Clinton ha usato il suo account privato di posta elettronica anche per le cose di lavoro. La legge non glielo impediva, ma quando ha dovuto consegnare le email di lavoro perché il governo potesse archiviarle, lei ha cancellato dal server tutte quelle personali e ha dato le altre al Dipartimento di Stato. Non ci sono modi per sapere se ha davvero cancellato solo quelle personali. L'FBI ha aperto un'indagine conoscitiva per capire se questa gestione delle comunicazioni ha messo a rischio informazioni riservate e in ultima istanza la sicurezza nazionale. L'indagine deve ancora finire. Hillary Clinton non è indagata, ma potrebbe diventarlo e in quel caso sarebbe probabilmente la fine della sua campagna elettorale. Sulla base dei precedenti, comunque, è uno scenario molto improbabile. Fine del riassuntino.

Questa settimana è arrivato invece il risultato dell'ispezione del Dipartimento di Stato sulla stessa materia. L'ispezione ha concluso che il comportamento di Hillary Clinton a riguardo è stato legale ma "inappropriato". Dal punto di vista giudiziario sarebbe una buona notizia: la conferma che non ha violato la legge e non rischia davvero di finire indagata dall'FBI. Dal punto di vista politico le cose sono più complicate: "inappropriato" non è comunque una bella parola, specie per una candidata che la gran parte degli americani, Democratici compresi, giudica inaffidabile e poco trasparente. Inoltre, proprio mentre sembrava che questa vicenda appartenesse al passato e nessuno volesse più parlarne, i risultati dell'ispezione l'hanno fatta tornare sulle prime pagine dei giornali. A dieci giorni dalle primarie in California. 


Cose da leggere
How to Get Trump Elected When He's Wrecking Everything You Built, di Joshua Green su Bloomberg (bel ritrattone del capo del Partito Repubblicano, Reince Priebus)
How Hillary Loses, di David S. Bernstein su Politico

Hai una domanda?
Scrivimi a costa@ilpost.it oppure rispondi a questa email, che poi è la stessa cosa.

Spread the word
Se quello che hai letto ti è piaciuto, consiglia a un amico di iscriversi alla newsletter oppure inoltragliela.
Ricevi questa email perché sei iscritto alla newsletter di Francesco Costa sulla politica statunitense. Se vuoi cancellarti clicca qui. Ma devi proprio?






This email was sent to <<Metti qui la tua email>>
why did I get this?    unsubscribe from this list    update subscription preferences
Francesco Costa · Quartiere Isola · Milan, VA 20159 · Italy