David Plouffe è stato il capo della storica campagna elettorale con cui Barack Obama nel 2008 prima sconfisse la fortissima Hillary Clinton alle primarie e poi diventò il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti. Nel libro "The Audacity of Win", che scrisse dopo le elezioni per raccontare concretamente come quella cosa impossibile era diventata possibile, Plouffe spiega che vinte le primarie c'erano tre passaggi importanti che avrebbero dovuto azzeccare a tutti i costi: solo tre, fino al voto di novembre. Il primo: la scelta del vice. Il secondo: la convention. Il terzo: i dibattiti televisivi. Per il resto bastava tirare dritto: continuare a raccogliere fondi, continuare a investirli negli stati in bilico, continuare col loro messaggio di cambiamento ed evitare errori gratuiti.
Per chi è molto nerd o molto sfaccendato: un panel con David Plouffe e David Axelrod – lo stratega capo di Obama – sulla campagna elettorale del 2008.
Mancano esattamente 100 giorni alle elezioni. La scelta dei vice ce la siamo messa alle spalle. Le convention pure. Tra i grossi snodi della campagna elettorale, rimangono i dibattiti. Ma questa non è una campagna elettorale normale, e quindi anche la navigazione giorno per giorno può riservare sorprese. Nel 2012 a un certo punto venne fuori un video girato di nascosto che mostrava Mitt Romney dire a un gruppo di finanziatori che il 47 per cento degli americani non ha voglia di lavorare e pensa di avere diritto a qualsiasi cosa. Cose come questa sono imprevedibili e possono cambiare radicalmente il corso di una campagna elettorale. Quando avvengono a ridosso del voto, nel gergo della politica americana si parla di "october surprise":
ce ne sono state molte.
Anche per questo motivo, mi è sembrata efficace
la sintesi fatta da Ezra Klein su queste convention e quello che hanno significato. Ve ne traduco di seguito un passaggio, poi passiamo oltre.
La convention del Partito Democratico è stata una convention normale di un partito normale. Hanno candidato Hillary Clinton, leader del partito di lungo corso con grande esperienza governativa. Clinton ha avuto il sostegno di Bernie Sanders, il suo principale sfidante alle primarie. Barack Obama, il presidente uscente, ha parlato in favore di Clinton. Diversi dirigenti e leader Democratici hanno parlato a favore di Clinton. Gli speaker hanno criticato il candidato del partito avversario, dicendo che sarebbe un pessimo presidente e che per questo bisogna sconfiggerlo alle elezioni. [...]
Il Partito Repubblicano ha organizzato una convention anormale e ha scelto un candidato anormale. Il partito ha candidato Donald Trump, iscritto da pochissimo e con letteralmente nessuna esperienza governativa. Ted Cruz, il suo principale sfidante alle primarie, ha rifiutato di sostenerlo e alla convention ha invitato i suoi compagni di partito a "votare secondo coscienza". I due ex presidenti Repubblicani viventi, George W. Bush e George H.W. Bush, non hanno dato il loro sostegno a Trump né sono andati alla convention. Gli ultimi due candidati Repubblicani alle presidenziali, Mitt Romney e John McCain, non hanno dato il loro sostegno a Trump né sono andati alla convention. Gli speaker – compreso Chris Christie, un potenziale procuratore generale – hanno detto che il candidato del partito avversario è un criminale che dovrebbe essere gettato in galera.
Anche le parti normali di quella convention sono state anormali. Il discorso della potenziale first lady era parzialmente copiato da un discorso dell'attuale first lady, del Partito Democratico. Trump ha fatto controprogrammazione alla sua stessa convention, dando un'intervista a Fox News durante i lavori della prima sera e conversando per un'ora con Golf Channel. Ha distratto tutti dal discorso del suo vice dicendo al New York Times che se fosse presidente non onorerebbe gli impegni degli Stati Uniti con gli alleati della NATO. Il discorso di Trump è stato elogiato entusiasticamente da David Duke, ex leader del Ku Klux Klan. "Non poteva fare di meglio", ha scritto su Twitter.
Il giorno dopo la convention – letteralmente il giorno dopo – durante una conferenza stampa, Donald Trump ha detto che il padre di Ted Cruz è stato probabilmente coinvolto nell'omicidio di JFK, ha detto che non accetterebbe l'endorsement di Cruz e che il tabloid National Enquirer meriterebbe un Pulitzer. [...] Nei giorni successivi ha detto che Tim Kaine ha fatto un pessimo lavoro da governatore del New Jersey. Ovviamente Tim Kaine era governatore della Virginia. Trump sembra aver confuso il candidato alla vicepresidenza del Partito Democratico con Tom Kean, ex governatore del New Jersey, Repubblicano. Poi ha commentato l'attacco informatico contro il Partito Democratico, probabilmente condotto dal governo russo, e ha invitato gli hacker ad attaccare direttamente Hillary Clinton. [...] Niente di tutto questo è normale.
Chiaro? Qui ogni giorno è una storia nuova, tocca allacciare le cinture. Per esempio:
come era prevedibile, nelle 48 ore successive alla fine della convention dei Democratici, pur di riottenere le attenzioni dei media, Trump ha:
–
accusato un capo dei pompieri di essere un sostenitore di Hillary, sostenendo che questo fosse il motivo per cui non ha fatto entrare abbastanza gente nella sala dove stava tenendo un comizio, e non per ragioni sicurezza: ovviamente il pompiere – peraltro
premiato pochi mesi fa come "civile dell'anno" – aveva solo rispettato le norme;
– accusato Clinton di aver complottato per far programmare due dibattiti tv le stesse sere delle partite di NFL (
impossibile: le date dei dibattiti sono state decise da una commissione indipendente a settembre 2015) e di aver ricevuto per questo una lettera di lamentela dalla NFL, lettera che la NFL
ha subito smentito di aver scritto o inviato;
– detto di aver snobbato la richiesta di un incontro da parte dei ricchi e influenti fratelli Koch, richiesta che però i ricchi e influenti fratelli Koch
dicono di non aver mai presentato;
– accusato di incompetenza John Allen, generale dal grado più alto raggiungibile nell'esercito americano e da due anni responsabile della lotta contro lo Stato Islamico, che aveva parlato alla convention dei Democratici;
– insultato la famiglia Khan, e questa è la peggiore di tutte.
Se avete letto la newsletter che ho inviato dopo la convention di Philadelphia, sapete di cosa parlo: il momento emotivamente più intenso di entrambe le convention è stato il breve discorso rivolto alla convention dei Democratici dai genitori di Humayun Khan, un soldato americano e musulmano morto in Iraq gettandosi sopra un attentatore suicida per salvare i suoi compagni. Questo è il video, il discorso dura sette minuti, vi consiglio di guardarlo se non lo avete già fatto.
Trump ha commentato le parole di Khan chiedendo se gliele avesse scritte qualche speechwriter di Hillary Clinton. Poi ha detto che anche lui come i Khan ha fatto dei sacrifici per il suo paese, per esempio quelli necessari a creare migliaia di posti di lavoro. Poi ha detto della madre: «Sembrava che non avesse niente da dire. O forse non ha parlato perché non le è permesso» (per la cronaca,
la madre ha parlato in tv in questi giorni, e
dice di non aver parlato alla convention perché parlare della morte di suo figlio è ancora per lei troppo doloroso). Infine il comitato di Trump ha diffuso un comunicato in cui dice tra le altre cose che il padre di Khan «non ha diritto di salire su un palco e dire che Trump non ha mai letto la Costituzione» (se ci pensate è una cosa piuttosto buffa: quel diritto sta proprio scritto nella Costituzione).
Ora, ormai sappiamo che con Trump le regole normali della politica non valgono, perché litigare con i genitori di un soldato morto in guerra, per giunta insultandoli, di norma è una cosa abbastanza grossa da stroncare una carriera. Però questa è effettivamente grossa: più grossa di aver preso in giro un disabile, una giornalista di
Fox News o John McCain. Vedremo presto cosa succederà. Come
ha scritto il giornalista Mark Halperin: «I Khan stanno per cambiare la storia americana; l'unica cosa da capire è quanto».
Come leggere i sondaggi
Trump ha ottenuto un piccolo rimbalzo nei sondaggi dopo la sua convention, e siccome stava già recuperando su Clinton dopo la decisione dell'FBI sul caso delle email, in questi giorni l'ha superata nella media nazionale e si è avvicinato molto negli stati in bilico. Come sapete, però, non ha senso guardare i sondaggi tra una convention e l'altra. Nei prossimi giorni usciranno i sondaggi basati su rilevazioni effettuate dopo la convention dei Democratici, e allora capiremo a che punto siamo (qualcosa circola già e vede Clinton tornare avanti, ma appunto: aspettiamo). Cosa bisognerà tenere d'occhio? Quattro cose,
come spiega Real Clear Politics.
La prima è quella che abbiamo detto: se c'è un rimbalzo di Clinton e quanto è grande. Tenete conto che storicamente la situazione nei sondaggi successiva alle convention tende a rimanere più o meno stabile, quindi l'equilibrio delle prossime settimane sarà un indicatore molto importante per capire da che parte andiamo. La seconda: al di là delle preferenze di voto, come cambierà la popolarità personale di Clinton? Oggi in media
solo il 38 per cento degli americani dice di avere un'opinione positiva su di lei, mentre il 56 dice di avere un'opinione negativa. La terza: i consensi recuperati con un eventuale rimbalzo, che consensi sono? Consensi recuperati a sinistra, cioè dagli ex elettori di Sanders, o dal centro? Capire questa cosa permetterà di fare delle ipotesi anche sulla strategia di Clinton nei mesi a venire. La quarta: al di là della media nazionale, come vanno le cose stato per stato? Gli stati veramente fondamentali oggi sembrano essere Ohio, Florida, Pennsylvania e North Carolina (non sono gli unici in bilico, ma sono quelli potenzialmente decisivi).
I quattro dibattiti televisivi
Il primo dibattito tra Clinton e Trump si terrà il 26 settembre a Hempstead, stato di New York. Il secondo si terrà il 9 ottobre a St. Louis, Missouri. Il terzo si terrà il 19 ottobre a Las Vegas, Nevada. In mezzo, il 4 ottobre si terrà il dibattito tra candidati vicepresidente a Farmville, Virginia. Come dicevamo, Trump ha cominciato a lamentarsi delle date e accusa Clinton di aver imbrogliato anche su questo, non si capisce bene come; qualche giornalista ipotizza che stia preparando il terreno qualora decida alla fine di non presentarsi. Mi sembra una cosa piuttosto estrema e improbabile, ma ve ne do conto.
Occhio alle leggi elettorali discriminatorie
Questa è una storia grande e perenne che attraversa tutti i cicli elettorali americani. Da decenni in diversi stati i Repubblicani cercano di introdurre – e spesso ci riescono – leggi che rendono più complicato votare. I Repubblicani dicono che bisogna inserire limiti, verifiche e controlli per evitare brogli, ma tutti gli studi e le ricerche di ogni orientamento non hanno mai dimostrato l'esistenza di brogli; i Democratici – sostenuti dagli esperti in materia – dicono che queste leggi servono ad allontanare dai seggi i più poveri e le minoranze etniche. Ogni tanto queste leggi vengono buttate giù dai tribunali, e questa settimana è successo in North Carolina e Wisconsin, due stati in bilico.
In North Carolina un tribunale ha bocciato la legge che costringeva gli elettori a presentare un documento al seggio – per noi è una cosa normale, in America non lo è: lì non esiste la carta d'identità – e impediva di iscriversi nelle liste elettorali nel giorno del voto o prima di compiere 18 anni, e di votare in anticipo (in America si può fare in moltissimi stati). La ragione della bocciatura: la legge aveva intenzioni discriminatorie. Simili restrizioni con simili motivi sono state giudicate incostituzionali in Wisconsin.
John Oliver spiega le leggi elettorali discriminatorie di alcuni stati americani.
Al di là dell'importanza generale di queste notizie, c'è un significato particolare per questa campagna elettorale. Hillary Clinton raccoglie moltissimi consensi tra gli elettori non bianchi, nei sondaggi, ma perché questo gradimento si trasformi in voti serve che – appunto – queste persone vadano a votare: e i non bianchi sono storicamente il segmento demografico più complicato da portare ai seggi, anche per via di leggi di cui sopra che come potete immaginare hanno radici profonde nella storia americana, soprattutto in certi stati.
Durante la settimana uscirà la sesta puntata del podcast (
su iTunes e
su Spreaker trovate la quinta e tutte le altre); la newsletter invece riprende a uscire al solito ritmo, quindi ci risentiamo sabato. Ciao!